domenica 6 gennaio 2013

Me and "The Other"- [part Two]

05-12-2012

"Che rumore fa la felicità?" recita la canzone dei Negrita ripercorrendo le gioie e le sensazioni di felicità che può trasmettere un buon rapporto con l'altro. A me, al contrario, sembra che le parole felicità, io e l'altro non possano coesistere.. Sia perchè non mi sembra una cosa bella far dipendere la mia felicità da qualcun'altro, soprattutto se in modo cosciente, perchè senza rendercene conto l'altro ci può rendere felici anche solo per un momento in determinate occasioni e sia perchè se penso alle mie relazioni con l'altro penso che sia qualcosa che mi porta a fare delle scelte.. Il problema però è che sono scelte che portano, come nelle tragedie di Sofocle, sempre a qualcosa di negativo, cioè che posso fare una scelta, ma è come se in realtà non avessi scelta, perchè in ogni caso sarei costretta a "legarmi" a qualcosa o a qualcuno in modo esagerato. Se dovessi invece trovare un "giusto mezzo", penserei di averlo già trovato dando ascolto all'altro in modo superficiale o facendomi trattare da oggetto, ma di certo in quel caso non si può parlare di "giusto mezzo", visto che di giusto non ha proprio nulla. Il punto è che mi sembra di avere troppi pensieri distaccati tra loro che parlano dello stesso argomento, ma è come se mancasse un punto comune, qualcosa che unisca tutti questi pensieri, qualcosa di importante, un punto chiave che mi farebbe capire sia come è "giusto" comportarsi (c'è davvero un unico giusto modo di comportarsi??) o che risolverebbe finalmente la mia "questione sociale" (?), solo che questo non-so-che che manca e che è in realtà importante mi sembra di poterlo collegare anche a ciò che non ricordo riguardo le mie relazioni sociali, anche se forse è solo un'impressione.. il punto è che davvero non riesco a capire.. e questo lascia in me un leggero senso di vuoto, ma non profondo come prima, perchè era comunque legato perlopiù a me stessa che non agli altri, però mi sembra quasi che metta tristezza e mi fa sentire spesso "fuori luogo" 
Anche se, metaforicamente (?), lo collego al concetto di letezza e velocità nella vita.. Penso che in realtà se le persone si "innervosiscono" quando sono di fretta e nel traffico.. è perchè devono, in quel frangente, "subire" la "velocità" o "lentezza" dell'altro.. 

Semplicemente mi sembra che a volte le persone lo facciano apposta a creare "una barriera" contro di me.. Come se tutti avessero chissà quale potere telepatico con cui distruggermi. E quindi tutti diventano un potenziale nemico, ma forse solo perchè io sono un potenziale nemico per gli altri. Forse è proprio vero che l'eccessiva indifferenza non porta a nulla di buono e questa sarebbe l'ennesima conferma del fatto che "il giusto mezzo" non è in realtà avere rapporti superficiali con gli altri. Nel mio mondo ideale la pace regna perchè tutti sono tranquilli e sereni e vanno d'accordo, ma si possono davvero annullare tutti i pensieri e le sensazioni che ci spingono ad entrare in conflitto con il mondo dell'altro (soprattutto perchè mi sembra che tutti per fare "bella figura" su qualcuno debbano per forza prendere per il culo un terzo)? O è davvero utopico? O forse tutti dovrebbero semplicemente capirli quei sentimenti, siano i loro stessi o quelli dell'altro. Ma così tutti dovrebbero giustificarsi e scusarsi per ogni singola cosa per cercare di non offendere l'altro, ma se quelle scuse fossero poi davvero sentite non si avrebbe un mondo pieno di sensi di colpa? E forse questo non c'entra assolutamente niente con tutto il resto, o forse c'entra..Forse in questo discorso ci stanno rientrando troppe cose che non hanno forse niente a che vedere con le relazioni con l'altro. Continua a mancarmi qualcosa di importante in questo discorso e io sono la prima a non capire,nè questo discorso,nè l'altro almeno quando per l'altro il suo rapporto con me è più "profondo". è che so che tutti hanno un potenziale positivo, lo so perchè spesso ho supportato ciò che di positivo c'era negli altri.. E ho conosciuto i loro lati negativi, quando parlano con me dei loro problemi, ma anche quando sono mezzo del loro esibizionismo e quando sono un "mezzo" per permettergli di sfogarsi. Forse è proprio questo il problema: sono parte del lato negativo dell'altro, solo di quello. Perchè poi quando loro vivono nel loro mondo positivo, io non ne sono più parte. E perchè non ne sono più parte? Forse sono io a non essere pronta a cogliere la loro positività perchè c'è sempre il "muro" che mi impedisce di pensare davvero ad un rapporto con l'altro.
Ma forse qualcosa è già diverso, già dalla classe lo vedo, parlo più facilmente con tutti, a volte persino mi cercano. è che forse sto iniziando ad esistere nelle loro menti e per loro, ma non mi sembra che io possa dimostrare chi sono, semplicemente perchè io non so se quelle persone sono vere. Eppure anche io sono falsa, in più di un modo e se la cosa dovesse partire da me e io non fossi capace di farlo, semplicemente è una cosa senza senso. è che forse non sono pronta ad essere considerata come esistente. Ecco, il problema di fondo è questo, almeno credo. Io non voglio esistere, non sono forse neanche pronta ad esistere (e in qualche modo questo ha senso), è che ho "paura" (non è paura, mi sfugge il termine.) di non poter più essere uno degli osservatori del mondo. è forse l'esistenza che manca a tutti questi pensieri?

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