Acceptance, in my opinion, is when we "understand" ourselves, as well as somebody else, acceptance is a slow process that we must do in order to live our lives and do what we want without hurting anybody. The problem in this slow process is when we have to explain to others our points of view and let them "understand" and accept as in turn, but too many people - it seems to me- are not able to "understand" the others, because they believe that their point of views could be destroyed, they don't always "understand" that their point of view could only grow with the feelings of the other people.. I see to many people that believes to be in right just because "if they don't like something, what they don't like is wrong and not good". I can't "understand" why.. If it is really a "must" that criticism has to exist, why can't it be good? We must learn, in my opinion, to let grow in us a sort of dispassion: for example if somebody tells me something about them I won't say "It is fucking wrong, bro'." And then try to find senseless excuse to reduce and limit what the other is saying.. But I just could say "Please, explain it better to me, 'cause I don't agree with you". Surely it is not a "must" that we all have to agree one with the others, but I believe, for experience, that if we interact, meaning that we can have conversations about everything, at the end we will leave something to the other to think about and something new could be born.. I don't think, for this reason, I must be right, I neither know what it means to be right. Maybe we just have to think back about what moral and rightness are, is it "right" to have an in idea of what "right" is? I believe in a limitless "philosophy", the less limit I have, the more it is good for me. As long as I have had limits in "accepting" me and who is around me, my life was not at the top: I deprived me of thought, just because I couldn't accept who I was, who I am. But then I understood that I couldn't live alone, that I couldn't find me in my loneliss, because in a certain way my thought would be limited if these would be absolute, thoughts must be influenced by who is around us and what happens around us, hoping that this could take us to a new world, where everybody could be who he/she/it would really wants to be. The beginning could be stopping split people up in "category": "Oh, I am a Black Metaller", "Oh, I am a Belieber", "Oh, I am Christian", "Oh, I am Buddhist"(random exemples), and the list could grow too bigger(!). But what the hell does it mean? I am, maybe. And if I'm not, it's not a problem, anyway! But they told me that I am, I exist. And so, as long as I exist I'll wonder why we have to fight to be who we are. I feel like I'm fighting everyday-above all against myself- to be what I want to be and even to "understand" who and what I really am. I don't want to be what somebody else want just to not "disillude" him/her. I want to be who I am and I'll do my best to do it in the maximum respect of other people opinions, hoping that this is not against me and a sacrifice for what I am, but just in favour of "understanding" each other, accept each other in order to grow together in a world that is free from prejudices bound to all the things that could limit us. I don't want to be afraid of me anymore. I don't want to struggle to be me, don't want to show off anymore- Maybe it is just nice to know that I'm not always "Just Random"...
Habeamus in commune; in commune nati sumus. Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent, hoc ipso sustinetur. Seneca
{we live together; we were born together. Society is similar to a dome that would fall if all the pieces wouldn't hold one the other and that just for this reason has not already felt down. }
http://www.youtube.com/watch?v=i7iQbBbMAFE
"Accettarsi" , secondo me, è quando "capiamo" noi stessi, allo stesso modo di come capiamo l'altro,è un processo lento che dobbiamo fare per vivere le nostre vite e fare quello che vogliamo senza nuocere a nessuno. Ma il problema in questo processo risulta spesso lo stesso "altro" perchè dobbiamo farci accettare attraverso la "comprensione", ma troppe persone - mi sembra- non sono capaci di "capire" gli altri, forse perchè hanno paura che così il loro punto di vista venga meno, invece di "capire" che il loro punto di vista potrebbe essere ampliato dalle sensazioni dell'altro. Vedo che troppe persone credono di essere nel giusto solo perchè pensano che "se a loro nonpiace qualcosa, questo è consequenzialmente negativo e sbagliato". Non capisco il perchè.. Se per forza deve esistere una critica perchè non può essere positiva? Dobbiamo imparare, secondo me, a sviluppare obiettività: per esempio se qualcuno mi dicesse qualcosa di sè non gli dirò che è sbagliato per poi trovare scuse senza senso per sminuirlo/a e limitare quello che ha detto, ma potrei semplicemente chiedere che mi sia spiegato meglio qualcosa, perchè non "sono d'accordo". Certamente non dobbiamo per forza essere d'accordo su tutte le cose, ma credo, per esperienza, che se riusciamo ad interagire nell'altro, intendendo conversando su qualsiasi cosa, alla fine ognuno lascerà qualcosa all'altro sul quale pensare e da qui nascerà qualcosa di nuovo. Per questo motivo, non credo mai di avere ragione nè di essere nel giusto, tanto che non so neanche cosa sia "giusto". Forse dovremmo tutti tornare a pensare al reale significato di "morale" e "giustizia", è davvero "giusto" avere un concetto di "giusto"? Io credo in una specie di "filosofia senza-limiti", meno limiti ho e meglio è per me. Fino a quando ho avuto limiti in "accettare" me e chi mi sta intorno non ho vissuto al meglio: mi sono privata di pensieri, solo perchè non ero capace di accettarli, perchè non sono capace di accettarli, ma poi ho capito che non potevo vivere da sola, non potevo trovare me stessa nella mia solitudine, perchè i miei pensieri sarebbero limitati qualora fossero assoluti, i pensieri devono essere condizionati da chi ci circonda e da quello che ci succede, sperando che questo ci porti in un nuovo mondo dove chiunque può essere se stesso davvero e sempre. E l'inizio di questo potrebbe essere nello smettere di identificarsi in categorie, della serie "Oh, io sono un metallaro", "Oh, io ascolto Bieber", "Oh, io sono Cristiano/a", "oh, io sono Buddista" (esempi del tutto casuali)- ma la lista diventerebbe troppo lunga se continuassi- Ma cosa significa? Io semplicemente sono, forse. E se non sono, non fa nulla comunque! Ma mi hanno detto che io sono, che io esisto. E quindi, finchè esisterò mi chiederò perchè combattere per ciò che siamo. Si, perchè a me sembra di combattere ogni giorno -soprattutto contro me stessa- per essere ciò che voglio e anche per "capire" chi e cosa sono. Non voglio essere qualcun'altro solo per non deludere. Voglio essere chi sono nel massimo rispetto dell'altro e delle opinioni dell'altro, sperando che queste non siano contro di me e che non causino un "sacrificio" per la mia identità, ma solo a favore di una maggiore "comprensione" e "accettazione" per permetterci di crescere sempre di più insieme senza pregiudizi degli uni verso gli altri, (pregiudizi che sono legati alle categorie). Non voglio più avere paura di me, non voglio più combattere per essere me stessa, non voglio più essere solo apparenza.
E forse è semplicemente bello sapere di non essere sempre "solo casualità"-
Habeamus in commune; in commune nati sumus. Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent, hoc ipso sustinetur. Seneca{Viviamo insieme; insieme siamo nati. La nostra società è come una volta a botte che cadrebbe a pezzi se questi non si sostenessero tra loro, ma proprio perchè lo fanno essa si regge}
http://www.youtube.com/watch?v=i7iQbBbMAFE
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